L’Unione europea è diventata meno competitiva e meno innovativa rispetto ad altre regioni del mondo e ora rischia di rimanere ancora più indietro nell’era dell’intelligenza artificiale a causa di decisioni normative “poco coerentiÈ questo il J’accuse formulato da un gruppo di aziende, ricercatori e istituzioni, capitanate da Meta, che si definiscono “parti integranti” d’Europa e lavorano “per fornire servizi a centinaia di milioni di europei” e pubblicato in forma di lettera aperta dal Corriere della Sera del 19 settembre.

Nella lettera, il gruppo di firmatari sottolinea come l’Unione Europea rischi di perdere due momenti cruciali nello sviluppo della tecnologia del momento. Il primo riguarda i modelli aperti, che vengono resi disponibili per essere utilizzati e migliorati da chiunque e, secondo i firmatari, permetterebbero di moltiplicare i benefici sociali ed economici, offrendo opportunità che rafforzerebbero l’indipendenza tecnologica del continente. I modelli aperti, infatti, garantiscono alle aziende la possibilità di scaricarli, adattarli e perfezionarli internamente, senza dover inviare dati a piattaforme esterne e riducono così il rischio di dipendenza da fornitori stranieri.

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Il secondo momento chiave menzionato è l’emergere di modelli di intelligenza artificiale multimodali, che sono capaci di integrare testo, immagini e suoni. Questi strumenti, considerati l’evoluzione naturale di quelli basati solo sul testo, promettono un significativo balzo in avanti nella capacità delle macchine di comprendere e interagire con il mondo. Nella lettera, la differenza tra i modelli di intelligenza artificiale solo testuali e quelli multimodali è paragonata a quella tra percepire la realtà con un solo senso e farlo con tutti e cinque.

In calce alla lettera, tra le 43 firme totali, ci sono anche quelle di protagonisti della società e dell’economia italiana. Nel dettaglio, si tratta dell’amministratore delegato di Exor John Elkann, del ricercatore Eugenio Valdano, del direttore marketing del gruppo Prada Lorenzo Bertelli, del fondatore di Yoox Federico Marchetti, dell’ad di EssilorLuxottica Francesco Milleri, del professor Marco Baroni, del vicepresidente esecutivo di Pirelli Marco Tronchetti Provera, del professor Nicolò Cesa-Bianchi, del professor Stefano da Empoli e dello statistico Stefano Iacus. Tra i maggiori promotori dell’iniziativa figura inoltre l’ad di Meta Mark Zuckerberg.

L’accusa

I firmatari fanno notare che i progressi citati potrebbero avere un impatto positivo sia sulla produttività aziendale, sia sulla ricerca scientifica. In questo senso, le istituzioni accademiche e le aziende europee stanno già utilizzando modelli di intelligenza artificiale per accelerare la ricerca medica, preservare le lingue e sviluppare nuovi prodotti e servizi. Allo stesso tempo, sono convinti che senza tali strumenti l’Europa non riuscirà a mantenere il passo di potenze mondiali come Stati Uniti, Cina e India e correrà il rischio di veder sfumare i benefici economici e sociali derivanti dalla tecnologia, come per esempio un aumento significativo del prodotto interno lordo, stimato attorno al 10% nei prossimi dieci anni.

Uno dei punti più importanti toccati nella lettera riguarda la frammentazione normativa che, a detta dei firmatari, ostacola l’innovazione e gli investimenti nel settore. La coerenza e la certezza delle norme sono considerate essenziali per incoraggiare le aziende a investire miliardi nello sviluppo di tecnologie avanzate in Europa. In questo senso, alcune decisioni recenti, soprattutto in materia di protezione dei dati, avrebbero creato confusione su quali informazioni possano essere utilizzate per addestrare i modelli di intelligenza artificiale. E questa incertezza potrebbe portare secondo gli scriventi allo sviluppo di modelli incapaci di comprendere e riflettere le lingue, la cultura e la conoscenza europea.

La cornice delle regole

Il rischio di rimanere indietro nell’innovazione tecnologica a causa di normative poco chiare rappresenta per i firmatari una minaccia per il futuro economico e tecnologico del vecchio continente. In particolare, essi sottolineano come l’Europa debba prendere una decisione che influenzerà il suo destino per decenni: può scegliere di aggiornare e armonizzare il quadro normativo, mantenendo i valori fondamentali della protezione dei dati, o continuare a “respingere il progresso, contraddire le ambizioni del mercato unico e restare a guardare mentre il resto del mondo sviluppa tecnologie a cui i cittadini europei non avranno accesso”.

In definitiva, la richiesta ai legislatori europei è quella di comprendere l’importanza di agire con rapidità e chiarezza. Regole armonizzate e coerenti sono infatti per gli autori della missiva fondamentali per lo sviluppo e l’utilizzo dell’intelligenza artificiale basata su modelli aperti e per sbloccare il potenziale creativo ed economico dell’Europa e permettere al continente di tornare a essere competitivo nel panorama globale. Per i firmatari, l’Europa può ancora scegliere di guidare l’innovazione nell’intelligenza artificiale, a patto che sappia adattare le proprie regole in modo da permettere l’utilizzo dei dati europei per l’addestramento dei modelli. Al contrario, senza interventi chiari e tempestivi, rischia di essere spettatrice passiva dello sviluppo delle tecnologie che determineranno la crescita e la prosperità globale nei prossimi decenni. A parte mettere nel mirino le regole, tuttavia, i firmatari non propongono soluzioni o forniscono idee per adeguare le norme comunitarie

Tratto da Wider

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