Pratiche e pedagogia

Basic Design non è una espressione comune come la parola “arte” o la parola “design” da sola. Non è nemmeno molto nota nonostante sia la disciplina centrale del design. Centrale, perchè intreccia la pratica dell’insegnamento di un saper fare (la propedeutica) con il pensiero teorico e metodologico che le sta alla base. In altri termini il Basic Design è il luogo ideale dove convergono e si concatenano ricerca formale ed espressiva, progetto e didattica.

Il Basic Design è anche il luogo ideale dove insegnare ad un pubblico di potenziali designer (e clienti) a dar forma (gestalung), a configurare, plasmare, disporre, comporre, montare e modulare in contrapposizione alla più semplice delle attività: quella del raffigurare, rappresentare o disegnare. Il Basic, pertanto, costruisce i fondamenti delle attività di “configurazione”.

Come tale, è una disciplina rigorosa ma anche vivente e cangiante. Se, infatti, i fondamenti della matematica tendono a restare decisamente costanti nel tempo, nel caso del design si tratta, per principio, di fondamenti adattivi. Fondamenti, cioè, che mutano. Alcune esercitazioni decadono e ne nascono di nuove, adeguandosi alle circostanze e agli sviluppi dell’epoca corrente.

“Variazione sul tema del viso umano” di Bruno Munari 1966

Cosa stiamo osservando? Proviamo ad esaminarle non come ironiche, scherzose variazioni sull’immagine del viso, ma come varianti rispetto ad una forma a monte, un a priori, che individua un viso a patto che sia presente un sistema di aperture disposte in modo coerente l’una rispetto l’altra, occhi, naso, bocca che siano.

Nel sistema delle variazioni troviamo un distacco dalla funzione narrativa del volto.

Leggiamo un viso ogni volta che disponiamo due segni/aperture lungo un asse orizzontale e un’altro segno/apertura (o altri due) lungo un asse verticale, perpendicolare al primo.

Gestalt e semiotica

La prima, ‘Gestalt’ (forma) – psicologia della forma, è una corrente psicologica nata in Germania tra il 1910 e il 1930 incentrata sui temi della percezione e dell’esperienza. In Italia prese campo tra gli anni ‘50 e ‘80, ma poi lasciò il posto al cognitivismo. Forti sono i riferimenti alla percezione visiva, da cui vengono dedotte le regole principali di organizzazione.

Gli stessi criteri che oggi, accompagnano molte agenzie o studi professionali nelle attività di comunicazione visiva. Dalla buona forma, per cui la struttura percepita è sempre la più semplice, alla prossimità, in cui gli elementi vengono raggruppati in funzione delle distanze.

Dalla somiglianza, la tendenza a raggruppare quelli più simili tra loro, alla buona continuità, dal destino comune, alla la figura-sfondo, tutte le parti di una zona si possono interpretare sia come oggetto sia come sfondo. Dal movimento indotto, uno schema di riferimento formato da alcune strutture che consente la percezione degli oggetti alla pregnanza nel caso di stimoli visivi ambigui, la percezione sarà buona in base alle informazioni prese dalla retina.

La seconda, invece, è la disciplina che studia i segni e il modo in cui questi assumono un senso (significazione). Per significazione s’intende ogni relazione che lega qualcosa di materialmente presente a qualcos’altro di assente (la luce rossa del semaforo significa “stop”). L’inizio della semiotica contemporanea viene attribuito a Charles Sanders Peirce (1839-1914) e il suo più brillante successore italiano fu Umberto Eco (1932-2016).

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